memoria storica
“Ha da passa’ ‘a nuttata”. di R. Papa

Chiedere a Meloni di essere antifascista un giorno e poi dimenticarsene negli altri 364.
E’ facile nel giorno delle Fosse Ardeatine rimproverare a Meloni di aver usato “italiani”, che tali erano
ma non tutti e poi mai dimenticarlo, erano italiani anche i fascisti che aiutarono i nazisti ad uccidere, e a non aver detto “antifascisti” che tali non erano tutti, perché in mezzo ai 335 ci finirono pure dei disgraziati che in carcere ci stavano per altri motivi.
E che forse morire per un ideale, per quanto giusto, non ne avevano proprio voglia.
Ma il problema per me non è questo.
Per me il problema di fondo è che la destra fascista o meno ha vinto le elezioni e che Meloni sta portando questo paese nel consesso di paesi conservatori e reazionari, sta mettendo in atto politiche antiumane dai migranti a Cospito, e ora togliere il reato di tortura , ci sta allontanando dai paesi europei per consegnarci al potere Nato e quindi americano, ma nello stesso tempo strizzare l’occhio alla Russia…non si sa mai!
Quelli erano tempi in cui una guerra civile spezzo’ l’Italia in due, ma anche un paese dove milioni di italiani cercavano solo di portare a casa la pagnotta. Non tutti furono eroi! Ci furono anche quelli che si misero alla finestra e per parafrase Eduardo:
“Come ci risaneremo? Come potremo ritornare quelli di una volta? Quando?’. Gennaro intuisce e risponde con il suo tono di pronta saggezza: ‘S’ha da aspettà, Ama’. Ha da passà ‘a nuttata’”.
Da allora sono passati settantotto anni e forse sarebbe il caso di consegnare quella storia agli storici e magari su quei libri far studiare i nostri giovani e non solo, che di fascismo e antifascismo o o o niente sanno ma spesso nemmeno vogliono sapere e impegnare le nostre passioni e quelle dei nostri giovani a problemi che riguardano il futuro non certo il passato. Due giorni fa ci eravamo tutti preoccupati della crisi idrica, su cui si combatteranno le prossime guerre…abbiamo una guerra nel giardino di caso e oggi gli americani hanno affermato che ci stiamo avviando verso la “guerra mondiale” e noi impegnano la nostra intelligenza politica su “questioni” di settantotto anni fa che stanno bene, per ricordarcene, nei libri di storia.
E’ proprio vero “ha da passa’ ‘a nuttata”.
Roberto Papa
A Salvini il premio Attila dei diritti sociali. di M. Pasquini

Ieri la question time del ministro Salvini, alla Camera, ha reso evidente anche ai ciechi quanto il governo stia preparando e attuando una strategia di affossamento del diritto alla casa relegandolo.a single, forze dell’ordine, padri separati.e studenti (ovviamente ricchi e meritevoli).
Mai Salvini, in diretta tv, ha citato gli sfrattati (40.000 sentenze l’anno), mai ha citato le famiglie nelle graduatorie (oltre 600.000) mai ha citato le 889.000 famiglie in povertà assoluta in affitto.
Salvini ieri ha detto che NON intende rifinanziare il fondo contributo.affitto e morosità incolpevole destinando le 350.000 famiglie richiedenti al baratro dello sfratto.
Ha parlato, ieri, il Salvini di un piano casa di legislatura ma che è un imbroglio, non saranno case popolari e di fatto tra le righe si legge che regaleremo immobili ai privati per fare molto housing e poco social. Insomma ieri si è acclarato come il governo non percepisca o non intenda percepire la vera condizione abitativa in Italia.
Ma ieri Salvini ha anche detto che chiama il Parlamento a collaborare ebbene io credo che il Parlamento dovrebbe accettare la sfida avviando una indagine conoscitiva sulla condizione abitativa in italia, per poi con mozioni programnatiche indicare al governo che piano casa serve al Paese.
Che sia il parlamento a dare le indicazioni al governo su come realizzare un vero piano casa basato sul fabbisogno reale in tutte le sue articolazioni e non sul fabbisogno di costruttori e lobby economiche del mattone.
Segnalo come ieri si sia reso evidente l’assordante silenzio di Comuni e Regioni che non si rendono conto come il colpevole abbandono di politiche abitative pubbliche, che ha portato ad avere meno case popolari e oggi il venire meno di contributi affitto li metta nell’occhio del ciclone sociale che sta per abbattersi su di loro.
Infine, davvero, non è il momento delle autosufficienze, dei distinguo.
O siamo in grado di far si che un vasto fronte dai sindacati ai sindacati inquilini, dal terzo settore all’associazionismo cattolico, dalle università agli urbanisti, coglie la gravità della situazione sociale oppure mettiamoci da parte e assistiamo alla tabula rasa che il governo vuole fare dei poveri
Massimo Pasquini
Campo largo? di D. Lamacchia

Lo ammetto non ho seguito molto il congresso di Articolo Uno (a proposito dove si poteva seguire? Anche colpa dei media che lo hanno parecchio snobbato). Un paio di cose però le ho capite: Roberto Speranza è stato rieletto segretario e che il congresso ha accettato la proposta di Letta (PD) del cosiddetto “campo largo”. Poco cenno si è fatto ai contenuti della proposta politica venuta dal congresso. Probabile responsabilità dei media anche su questo. Comunque pare che tra le proposte ci sia una maggiore attenzione alle dinamiche salariali. Siano ben venute. Ciò che emerge con forza però è la proposta politica del “campo largo”. Una proposta che intende avvicinare se non proprio unire le forze “non di centrodestra” per fronteggiare al meglio la coalizione avversaria sempre più evidentemente a guida Fratelli d’Italia. Che si provi, in vista delle elezioni, a formulare proposte di aggregazione mi sembra abbastanza normale. Ciò che non mi convince sono i contenuti programmatici. Infatti non se ne parla. Mi viene allora da dire, va bene pensare ad un “bus” più grande per allargare il numero di partecipanti alla gita ma vorrei sapere anche chi è proposto alla guida, quel è la meta e qual è il percorso che si intende seguire. Per esempio cosa si pensa della proposta del Prof. Carlo Rovelli di inserire nei programmi finanziari una diminuzione annuale delle spese militari e di sostituirle con investimenti in attività di interesse pubblico? Alla sinistra servono parole, messaggi chiari che rendano credibili l’offerta politica. Servono uomini credibili. Non bisogna diventare “un po’ più di centro” per conquistare elettorato di centro. Uomini come Pisapia, Zedda, Vendola hanno dimostrato in passato di poter conquistare ampi strati di elettorato non di sinistra pur essendo chiaramente di sinistra. Cosa avevano di così “magico” se non la credibilità della loro persona e delle proposte? La mancanza di credibilità ha negli anni creato sfiducia. Prima conquistata dal populismo e ora dalla pratica dell’astensionismo e della rinuncia. Non serve un “campo largo”, serve un Partito Democratico di Sinistra che faccia del lavoro e delle libertà “nuove” (Jus soli, parità di genere, lotta alle discriminazioni di identità, ecc.) il suo “campo di battaglia” identitario. Al primo posto la Pace e un nuovo internazionalismo. L’internazionalismo dei popoli oppressi e non garantiti a cui i benefici dell’era digitale non arrivano. Quei popoli che alla democrazia arrivino attraverso la lotta per i diritti e non per “esportazione” della stessa. Non serve un nuovo partitino che tenta di sfruttare il “mercato aperto” dell’astensionismo come sembra stia facendo De Magistris, sull’onda del risultato elettorale francese. Non ci serve un Melenchon italiano, serve una forza politica radicata nella tradizione del lavoro e delle lotte per la sua nobilitazione e liberazione.
Così si esprime Il neo segretario generale Fiom Cgil, Michele De Palma,
“Il mondo degli operai è radicalmente cambiato rispetto a 50 anni fa, allontanandosi sempre più dalla sinistra. Come può essere recuperato?
Mettendo al centro il lavoro e ripartendo dalle persone, a cominciare dalle donne e dalle giovani generazioni, che per vivere devono lavorare. La crisi della democrazia che stiamo attraversando in maniera così esplicita è causata dal fatto che i partiti, più che preoccuparsi della disaffezione degli elettori, guardano solamente a quante sono le percentuali di coloro che ancora votano. In questo periodo gli operai sono diffidenti, e lo sono giustamente, perché nel corso di questi anni gli si è chiesto di sacrificarsi per il bene del Paese. Loro hanno pagato quei sacrifici e questo ha significato molto spesso non salvare né loro né il Paese che nel frattempo ha perso un asset fondamentale per sedersi fra i Paesi del G7, cioè l’industria. In questo momento i metalmeccanici, ma anche tutti i lavoratori, hanno fatto di necessità virtù perché sono stati lasciati soli. I partiti popolari usciti dalla Seconda guerra mondiale avevano i lavoratori come interlocutori e non solo le imprese. Oggi dobbiamo recuperare quel rapporto, tornando a discutere dei problemi veri dei cittadini e dei lavoratori.”
Il primo Maggio, questo, lo ricordiamo con forza!
Donato Lamacchia
Un esempio storico per costruire un mondo civile e giusto. di A. Angeli

Erodoto, Senofonte, Platone e tanti altri si sono cimentati nel corso del periodo dell’antichità classica ad esplorare e trattare gli aspetti sociali riguardanti l’amore tra persone dello stesso sesso. Tra queste, nelle terre elleniche, la forma più diffusa dei rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso era prevalentemente quella tra adolescenti e adulti, che in quel periodo era indicato come pederastia. Dalla lettura dei testi scopriamo che i greci non concepivano l’orientamento sessuale come un identificatore sociale, questo era dovuto al fatto che la società greca non era interessata a distinguere il comportamento sociale dal sesso in cui erano coinvolti i partecipanti, limitandosi a considerare solo il ruolo che ciascuno dei partecipanti assumeva nel rapporto e nell’atto sessuale, indicandoli come passivo o attivo. Si sa con ampiezza di analisi che tali rapporti erano considerati in contrasto con le rigide convenzioni sociali che con tali atti erano violate. Dalle letture dei pensatori dell’epoca non si trovano elementi per valutare come fossero considerati i rapporti sessuali fra le donne e quale fosse il giudizio della società su tale comportamento, soprattutto se si tiene conto di quanto scritto in materia dalla poetessa di Lesbo, Saffo.
Nello scorrere dei secoli, dopo i greci, dei romani e poi dal medio evo e, superando il periodo della modernità fino alle soglie del XXI secolo, anche a causa di una forte ingerenza religiosa nell’orientamento culturale e sociale sulla formazione delle leggi riguardanti appunto i comportamenti considerati innaturali e offensivi della cultura e delle leggi allora in vigore, gli orientamenti omosessuali, transessuali, donne e disabili si palesano come atti criminali e quindi condannabili.
In questo 1°/4 del XXI secolo in molti paesi che fondano la loro cultura su principi di laicità dello stato e su un sistema democratico/ parlamentare, dello svolgimento della vita politica e istituzionale, si colgono significativi cambiamenti e l’adozione di conseguenti provvedimenti di sostegno a LGBT+, compreso il riconoscimento giuridico del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Anche da noi, in Italia, la questione dell’orientamento sessuale e dei rapporti tra persone dello stesso sesso è al centro di un difficile scontro di natura culturale, in cui centrale è la ragione di coloro che si battono contro ogni criminalizzazione dell’omofobia. Per raggiungere questo obiettivo è stato predisposto un Ddl da parte del parlamentare On. Alessandro Zan in corso di approvazione al senato della Repubblica, avendo ricevuto già il voto positivo della Camera. L’opposizione della destra, alla quale si è associata IV di Renzi, rende il percorso del Ddl difficile e, a seconda del risultato, con possibili riflessi negativi sulla maggioranza di governo che sostiene Draghi.
Purtroppo, coloro che si battono contro una legge necessaria per introdurre nel nostro sistema diritti inalienabili e sanzioni contro l’omotransfobia e la misoginia, sono la continuità storica di una cultura fascista, autoritaria e una concezione della superiorità razziale, una retrocultura da fa valere contro i più deboli. Merita al proposito ricordare un evento di forte interesse culturale, poiché coinvolge una donna omossessuale. Si tratta di un libro, uscito nel 1925, in cui si dà voce alle lesbiche. L’autrice si chiamava Eve Adams pseudonimo del nome Evelyn Addams, e il suo libro “Lesbian Love”. L’autrice, considerata all’epoca indecente, nata ebrea, trova la sua fine nel Passenger 847 su Transport 63 to Auschwitz.
Il libro, “Lesbian Love”, è una raccolta di racconti e illustrazioni pubblicato nel febbraio 1925. Esplora i risvegli sessuali e la natura che sfida il genere di diverse dozzine di donne di diversa collocazione sociali che Adams aveva incontrato in Greenwich Village e nei suoi viaggi, come commessa itinerante di periodici multilingue rivoluzionari. Ha cambiato i nomi dei suoi personaggi per proteggere le loro identità.
Negli anni ’20, Adams gestiva una sala da tè per lesbiche e un ritrovo letterario nel seminterrato di 129 Macdougal Street nel Greenwich Village. All’epoca, libri come quello della Adams erano considerati indecenti e bruciati . Le sue 150 copie stampate di “Lesbian Love” sono scomparse. Nel tempo il suo lavoro svanì dalla memoria. Suo fratello più giovane, Yerachmiel Zahavy, perse le sue tracce durante la seconda guerra mondiale. Ha inviato lettere alla Croce Rossa chiedendo dove si trovasse, ma sono state restituite senza risposta. In seguito cercò lei e altri membri della famiglia in Israele e negli Stati Uniti, ma senza successo. Sul letto di morte nel 1983, Yerachmiel chiese a suo nipote Eran Zahavy, allora 18enne, di continuare le ricerche. “Devi cercare Chawa”, disse, usando il nome di nascita di Adams. Quello che non sapeva era che sua sorella era stata catturata e mandata nel campo di concentramento di Auschwitz nella Polonia occupata dai nazisti. Il giovane Zahavy mantenendo fede alla richiesta di suo nonno si mise a fare ricerche. Attraverso un contatto con un drammaturgo che aveva scritto pezzi teatrali su Adams, riuscì a ricostruire la vita della lontana parente.
Secondo le cronache Chawa Zloczower è nata il 27 giugno 1891 a Mlawa, in Polonia. Piena di voglia di viaggiare, da giovane si imbarcò sulla SS Vaderland ad Anversa, in Belgio, e, all’età di 20 anni, arrivò da sola a Ellis Island a New York il 4 giugno 1912. Parlava sette lingue, incluso l’ebraico, e scrisse in una lettera a un amico che si sentiva completamente a casa e da nessuna parte. “In tutto il mondo, sono una straniera”, scrisse, “e nel paese in cui sono nata, sono ebrea”. Presto assunse la traduzione inglese del suo nome, Eve. E appoggiandosi a quella che il suo biografo, Jonathan Ned Katz , ha descritto come “la sua persona androgena”, ha combinato “un po’ di Eva, un po’ di Adamo” per un nome più adatto a lei. Preferendo i vestiti da uomo e la compagnia delle donne, Adams ha vissuto la sua vita con audacia in un momento in cui il mondo considerava che l’unico modo decente di viverlo era tenerlo a porte chiuse. Tra i suoi amici annoverava gli anarchici e rivoluzionari Emma Goldman e Alexander Berkman , nonché l’autore di rottura dei tabù Henry Miller .
Il governo degli Stati Uniti considerava Adams un “agitatrice”. Si mosse l’FBI guidata da J. Edgar Hoover , la “Divisione radicale” dell’agenzia, che l’accusa di spionaggio. Fu arrestata nel 1927 da un agente di polizia sotto copertura , Margaret M. Leonard , che era entrata nell’Hangout di Eve e aveva ottenuto una copia di “Lesbian Love”. Il libro fu ritenuto indecente e Adams è stata trattenuta con diverse accuse, tra cui per manifesta condotta disordinata. Fu condannata e trascorse 18 mesi in prigione prima di essere deportata in Polonia il 7 dicembre 1927. Nel 1934 si trasferisce a Parigi, dove, nei caffè, vende libri proibiti, tra cui “Tropic of Cancer” di Henry Miller. Nel giugno 1940, mentre le truppe tedesche si avvicinavano a Parigi, lei fugge nel sud della Francia dove aiuta la Resistenza. Viene arrestata mentre viveva a Nizza e trasporta nel campo di internamento di Drancy a Parigi nel dicembre 1943. Trasferita ad Auschwitz nel 1945, come è stato rilevato dai registri del campo di prigionia, è sottoposta alla doccia con altri 850 ebrei. Una strada nel 18° arrondissement di Parigi, sulla riva destra vicino a Porte de La Chapelle, porta ora il suo nome, celebrando il suo contributo alla città come “attivista pioniera per i diritti delle donne”. Anche una scuola e un asilo sono intitolati a lei, e per questo autunno è prevista una cerimonia di inaugurazione che coinvolge le ambasciate polacca e americana.
Alberto Angeli
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