La politica che vorremmo, di O. Basso Persano e C. Baldini
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Vorremmo una politica che si rifaccia al suo significato etimologico:
Dal greco antico politikḗ (“che attiene alla pόlis”, la città-stato), con sottinteso téchnē (“arte” o “tecnica”); per estensione: “arte che attiene alla città-stato”, talvolta parafrasato in “tecnica di governo (della società)”.
Quindi, per noi, chi decide di fare politica si deve occupare del benessere della città-stato, oggi della società, e il benessere della società trae origine dal benessere delle persone.
In questi ultimi decenni (per non dire secoli), la Politica si è occupata sempre meno del benessere delle persone, per arrivare a non occuparsi neanche più del benessere del pezzettino di società costituito dalla propria nazione, per occuparsi sempre più del benessere del capitale, della finanza e quindi di quella ristretta cerchia di persone che ,tramite il denaro, tanto, e sempre di più, incidono sulla politica e quindi sull’economia reale.
Ma il benessere della società è direttamente proporzionale a quello di TUTTE le persone, non di un’elité.
Lo stesso Pil (prodotto interno lordo) è fatto di soli numeri di produzione, ma non di come si produce, di importazione e di esportazione. Non c’è alcun dato nei calcoli del Pil che riporti la condizione di vita e di lavoro e quindi di benessere delle persone che danno quel Pil. Quindi, che senso ha dire che il pil della Spagna è raddoppiato quando la disoccupazione è al 40%.?
Chiaramente se si licenzia e si sfruttano maggiormente quelli che restano, è una cifra illusoria che non rispecchia l’economia di un Paese ma che porta acqua al solito mulino.
Partendo da questi presupposti, la nostra idea di Politica ha come principi fondanti i bisogni delle persone:
– Alimentarsi
– Vestirsi
– Curarsi
– Muoversi
– Istruirsi
– Aiutarsi
Per fare tutte queste cose, è necessario riportare il lavoro, la scuola, la sanità, le comunicazioni e l’ecosostenibilità al centro dell’agenda politica di chiunque si appresti a governare la società.
Mai come oggi occorre dire chiaramente “Prima le persone”
Il lavoro deve essere un diritto di tutti, tenendo conto di quali sono le finalità del lavoro: non l’arricchimento di pochi sulla pelle di tanti, ma un metodo per ottenere il necessario (e se possibile anche il superfluo) per vivere; quindi, se si ottiene l’obiettivo con meno ore di lavoro, si lavori di meno e si assumano altre persone (LAVORARE MENO, PER LAVORARE TUTTI).
Va da sé che se siamo concordi su questo punto chiave, non possiamo accettare il liberismo come politica economica.
Queste cose, badate, non sono argomentazioni marziane, nei paesi nordici (Svezia) sono già messe in atto.
Esiste quindi un percorso già tracciato che non azzera i presupposti economici del capitalismo, ma cerca di conciliarli tramite i diritti delle persone con il valore del benessere delle persone in carne ed ossa.
Non v’è alcun dubbio che occorre ribaltare la globalizzazione nelle sue strategie ed origini viziate dal liberismo sfrenato.
La scuola è uno dei servizi che vengono demandati a un’istituzione che rappresenti i cittadini. Questa istituzione trova le risorse per attivare l’istruzione dei propri rappresentati raccogliendo i soldi da ognuno di loro, secondo le possibilità di ognuno, perché funziona così, il nucleo primario delle società è la famiglia, in cui non tutti portano a casa uno stipendio, ma tutti ricevono la loro parte e danno il loro contributo come possono.
Anche la sanità è uno di questi servizi ed entrambi non hanno nessun obbligo di dare un profitto immediato, perché sono servizi che precorrono un profitto successivo: il cittadino competente, preparato e sano provvederà a produrre il profitto.
Le comunicazioni, soprattutto in un mondo globalizzato come il nostro devono essere incentivate e libere, le persone devono potersi spostare senza grossi impicci, possibilmente nella maniera meno invasiva possibile per l’ambiente, quindi bisogna dare un grande impulso ai trasporti pubblici, invece di tagliarli.
Perché non si può accentrare in pochi luoghi i servizi principali e togliere la possibilità di raggiungere quei luoghi, se non con enorme dispendio di tempo ed energie.
E qui si collega anche l’ecosostenibilità, non possiamo pensare di sfruttare all’infinito le risorse naturali del nostro pianeta, non possiamo pensare di usare tutto l’universo animale e vegetale, come se non ci fosse un domani e soprattutto infliggendo dolore e morte non necessari.
In conclusione noi chiediamo ad un partito che vuole affermarsi come Sinistra Italiana o a chiunque voglia ricostruire un insieme valoriale che si richiama a questi punti fermi, di intraprendere questo percorso con chi, senza esitazione, si sente di dovere dare ancora un valore storico alla parola Sinistra. Le ideologie sono state derise da chi aveva interesse a farlo, ma questa operazione ha portato all’annullamento di forze sociali organizzate su valori comuni.
E’ buffo come la sinistra abbia smontato il suo patrimonio ideologico ed invece la destra l’abbia rafforzato e affondato il coltello nel buco nero lasciato da una stolta sinistra.
Anche i movimenti non sono partiti veri e propri. Anzi disprezzano il partito. Non capiscono che è la forma di rappresentanza che occorre mettere in atto per contrastare l’ideologia rimasta sempre viva: quella del Denaro innanzitutto.
Orietta Basso Persano e Claudia Baldini