L’Afghanistan, una dura lezione per l’arroganza occidentale. di A. Angeli

Il 15 agosto del 1971, con una dichiarazione del Presidente USA Richard Nixon finì il regime dei cambi fissi di Bretton Woods mettendo fine alla convertibilità del dollaro in oro. 15 agosto 2021 Kabul viene occupata dai Talebani costringendo ad una fuga umiliante Ashraf Ghani Presidente dell’Afghanistan e quanto rimaneva delle rappresentanze delle forze di occupazione internazionali. Mentre i civili, gli addetti alle ambasciate e quanti hanno collaborato con le forze occidentali, le ONG, e i rappresentanti dei media vivono un avvilente e struggente situazione in attesa di potersi imbarcare su un aereo per la fuga da un Paese ormai nelle mani dei nemici giurati: i Talebani. Qualcuno si chiederà: ma sono due avvenimenti distinti e distanti? La lezione della storia è molto chiara: gli americani non sono fatti per occupare i paesi feudali di mezzo mondo, come non erano nella condizione di rispettare gli accordi Bretton Woods e decise di uccidere il sistema dei cambi fissi decidendo di sospendere la convertibilità del dollaro in oro. Anche gli inglesi molto tempo fa dovettero affrontare la follia dell’invasione dei paesi sotto sviluppati, correva l’anno 1842 quando circa 17.000 soldati, mogli e servitori dell’esercito britannico e indiano furono uccisi mentre cercavano di ritirarsi attraverso le montagne innevate verso Jalalabad.
L’idea che i Paesi occidentali, con la loro rappresentanza di super potenza, cioè gli USA, avrebbero trasformato l’Iraq e l’Afghanistan in una democrazia jeffersoniana si è rilevato un arrogante errore di calcolo, guidato da macho hybris, non dalla sicurezza nazionale. Se per puro caso della storia gli americani e i suoi soci internazionali avessero potuto rimanere in Afghanistan per un secolo – mantenendo in vita i burattini corrotti e ladroni, dando ascolto ai generali USA e ai comandanti dei 300.000 mila soldati Afghani scioltisi come la neve al sole, che hanno sempre mentito impegnando e sprecando trilioni – beh da oggi non potranno più farlo. Intanto è prioritario impegnare tutti i mezzi necessari per non lasciare le decine di migliaia di afghani che ci hanno aiutato alla tenera misericordia dei talebani. E dare ascolto al rapporto delle Nazioni Unite che ci ricorda il vero volto dei talebani, che stanno dando la caccia a quanti hanno lavoravato con l’America o la NATO, così come le loro famiglie, e minacciano di ucciderle.
Oggi scopriamo ( invero, lo avevamo già scoperto con Saigon, prima ancora con la Corea ) che il più grande esercito della terra dipende dalla “diplomazia e dal dialogo aperto con i talebani”,, per salvare le persone che hanno rischiato la vita per gli USA e la NATO. Non hanno ispirato fiducia quanti si sono alternati nelle conferenze stampa da Biden alla Merkel, da Di Maio a Johson e gli altri soci, che sono andate in onda anche quando alcuni afgani dell’esercito hanno lasciato il loro paese a bordo di aerei americani e i talebani hanno sequestrato armi, elicotteri e camion americani lasciati in dono dall’esercito americano in fuga. Donald Trump avrebbe potuto rendere ( pretendere ) il passaggio più sicuro e ordinato con quanto da lui negoziato. Il suo “accordo di resa” del 2020, come lo ha definito il suo ex consigliere per la sicurezza nazionale HR McMaster in un’intervista con Bari Weiss, nascondeva proprio questa umiliante fuga di una grande potenza. Eppure, nei lunghi quattro anni di Presidenza abbiamo scoperto come Trump sia un terribile negoziatore. Biden avrebbe potuto muoversi con più competenza e dire ai talebani che non stava rispettando l’accordo fatalmente imperfetto di Trump e rinegoziarlo per evitare questa disgraziata improvvidenza che travolge la vita di migliaia di famiglie e di giovani Afghani. Ma sia Trump che Biden erano così impazienti di andarsene, che i loro pasticci si sono fusi in una burocrazia strangolante.
Il Dipartimento di Stato ha indugiato per mesi nell’ottenere i visti per gli alleati afghani e, mentre i talebani occupavano città, paesi e capoluoghi di provincia, ha trascurato la pianificazione di emergenza per una possibile evacuazione. Tuttavia, fa rabbia assistere alle parate dei nostri politici responsabili in qualche modo di questo disastro, che si pavoneggiano davanti alle telecamere, o ascoltare i conduttori dei talk show italiani o di altri paesi che ci “spiegano” i fatti e interpretano ciò che ognuno di noi, se non prevenuto o cieco è in grado di vedere, commentare e giudicare; e questo avviene ormai da oltre 20 anni, dall’Iraq all’Afghanistan. Eppure, ognuno di noi avrebbe dovuto immaginare che un 15 agosto prima o poi sarebbe venuto e che la storia, come ci invita a ricordare Marx, si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa
Alberto Angeli