Cambiano i suonatori, ma la musica non cambia, di M. Luciani

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Massimo Luciani

di Massimo Luciani

Si dice: “cambiano i suonatori, ma la musica non cambia”, ed è proprio il caso di dire che la liberalizzazione dell’Apprendistato e dei Contratti a Termine voluta dal governo renzi è la stessa musica neo-liberista degli ultimi 17 anni. Un tempo abbastanza lungo che ha dimostrato, a chi non ha pregiudizi ideologici, che la deregolamentazione del lavoro non genera lavoro, lo dequalifica! E che la via bassa alla competizione, quella che rincorre i salari più bassi, i minori diritti e le minori tutele, non è la medicina per l’economia nazionale. E’ il male!

 80 € non li disprezziamo … non ne guadagniamo 8.000. Ma non si dica che il programma del governo delle larghe intese e’ quello di sostenere la domanda interna, perché, invece, è quello di tagliare la spesa pubblica e di procedere a una campagna di privatizzazioni e dismissioni senza precedenti.

 E’ per questo che serve un Piano del Lavoro che non può non essere alternativo a quello vagheggiato dal Presidente del Consiglio.

La Cgil nei giorni scorsi ha celebrato il XVII Congresso che doveva essere l’occasione per portare all’ordine del giorno nel paese il Piano del Lavoro messo in cantiere da gennaio 2013. Se la Cgil non fa proposte e non gli da gambe vorrà dire che avrà prodotto materiali utili per seminari ad uso interno, ma degni di miglior causa. Non si può lasciare l’iniziativa al governo riservandosi di valutare caso per caso i provvedimenti. E sul reperimento e sulla destinazione delle risorse l’iniziativa del governo va nella direzione della continuità, non della svolta auspicata.

 Se si dichiara che occorre una Patrimoniale ordinaria mobiliare e immobiliare che gravi soprattutto su quel 5% di famiglie con patrimoni superiori a 2.360.000 € per generare un gettito strutturale di 10 mld l’anno da investire sull’occupazione, poi bisogna pretendere dal governo, da ogni partito e da ogni sindacato che dicano se sulla proposta ci stanno o se sono contro. Non ci dicano che con l’aumento di 6 punti dell’aliquota sui rendimenti del piccolo risparmio il governo ha cominciato a colpire le rendite!

Le risorse per gli investimenti servono subito. Per tornare al livello del 2008 servirebbero 85 milirdi l’anno. Le dispute tra sviluppisti e decrescisti sono destinate a durare, ma il tempo per investire è adesso!

 Per uscire dalla crisi occorre riaffermare il ruolo centrale dello stato e delle istituzioni nella programmazione economica. Cosa necessaria, ancorché  non semplice, perché se il “turbo-capitalismo” era una bugia con le gambe corte, il capitale finanziario però è entrato davvero nell’epoca dell’High Frequency Trading e dell’Algo-Tranding. Ma proprio perché è complicato è ancor più necessario che la politica dica alle alle imprese multinazionali e nazionali, alla Banca Europa degli Investimenti cosa, come e quanto produrre. Anche per questo è necessaria una Sinistra Europea forte e noi, con forza, dobbiamo contribuire all’affermazione della Lista Tsipras e alla continuità dell’esperienza unitaria con le Case della Sinistra Unita.

 Presenza forte dello stato nell’economia, dunque. Altro è il feticcio della GOVERNABILITA’: la velocità è elevata a programma, il fare senza spiegare il senso delle cose fatte, i concetti che non si spiegano in 240 caratteri sono inutili, la politica ridotta a pratica amministrativa, e così via.

 Di quale “governabilità” avranno ancora bisogno se su Previdenza e Mercato del Lavoro negli ultimi 20 anni abbiamo avuto quasi una riforma l’anno, e tutte contro i lavoratori?!

Al contrario, dallo Statuto dei Lavoratori e durante gli anni ’70, abbiamo avuto gli interventi legislativi più avanzati dal punto di vista politico, sociale e civile. Eppure i governi dal ’68 alla fine della prima Repubblica durarono 13 mesi e le legislature 41!

 Per arrestare questa deriva occorre un Fronte politico e sociale contro l’austerità, per la pace e la democrazia, in Italia e in Europa. Schulz  dice che, invece, il PSE vuol proseguire nelle larghe intese con la destra moderata che isolano la sinistra come in Grecia, in Germania, in Italia (dove, però, dobbiamo ammettere che la sinistra è in grado di isolarsi egregiamente motu proprio).

 Dopo i malati che generano sprechi, i pensionati che detengono privilegi, i giovani “choosy” e “bamboccioni”, la cultura che “non si mangia”, è partita una nuova campagna d’opinione che afferma: la DEMOCRAZIA E’ UN “COSTO”, il Senato lo teniamo se è “gratis” e altre amenità, e che punta a disorientare sempre più un’opinione pubblica ormai intorpidita e pronta a qualsiasi avventura autoritaria.

Politica e burocrazia sono zavorre di cui sarebbe meglio sbarazzarsi, Lavoratori e Imprenditori, invece, sono sulla stessa barca… secondo la paccottiglia televisiva.

 Ma se in Italia la deindustrializzazione e il declino sono iniziati prima, non in conseguenza, di Lehmann Brothers e del declassamento delle agenzie agenzie di rating e i capitali hanno preso strade diverse dagli investimenti produttivi ci saranno ragioni e responsabilità precise. E non sono le ragioni e le responsabilità dei lavoratori!

 Attenzione, dunque, al canto delle sirene della PARTECIPAZIONE. Nel programma di Renzi (si deve andare nel sito personale per un’esposizione organica dei tweet) non c’è la legge sulla “rappresentanza”, ma sulla “RAPPRESENTATIVITA’” del sindacato, e c’è il tema della partecipazione. Dagli anni ’20 ad oggi sulla partecipazione dei lavoratori nelle imprese, diretta o indiretta mediante rappresentanti, si è incagliato qualsiasi tentativo di Patto Sociale: sul ruolo dei fiduciari dell’Unione Italiana del Lavoro, sulla fermata tecnica il “Toyotismo”. Negli anni della concertazione vi è stata la codeterminazione di obiettivi, non di atti.

I capitalisti non hanno mai voluto la partecipazione dentro le aziende. Perché  illuminati o quando costretti hanno accettato di cogestire il sociale, ma fuori dagli affari dell’azienda. Il livello più alto di partecipazione sopravvissuto nei Ccnl dagli anni della concertazione è stato il diritto di Informazione, per altro poco e mal praticato. Niente di più. Quale partecipazione si vorrà favorire adesso?

Le ipotesi che girano sembrano esche avvelenate.

1) Destrutturare la contrattazione nazionale e trasformare quote crescenti di salario garantito in salario di produttività.

2) Collocare azioni ai lavoratori. Le Pubblic Company sono illusorie nell’epoca di Black Rock che, come altre società simili, gestisce nel mondo 4300 mld di dollari di attività, da sola 10 volte la capitalizzazione della Borsa italiana, perlopiù soldi di quel decantato azionariato popolare che non decide niente, affidati inconsapevolmente ai grandi monopoli finanziari mondiali autori di mega speculazioni. Black Rock è già presente in MPS, Unicredit, Banco Popolare, Intesa S. Paolo, Fiat, Telelcom, Enel, Eni, Generali, Pirelli, Mediaset e tante altre aziende e, forse, ora guarda con interesse alla privatizzazione di Poste Italiane.

 Negli ultimi due decenni abbiamo visto movimenti di massa di proporzioni inaudite (non solo per i diritti dei lavoratori, ma anche pacifisti, altermondialisti, antinucleari, per l’acqua pubblica e i beni comuni, di intere comunità locali come la Val di Susa), che inesorabilmente, anche dopo aver vinto un referendum, sono stati sconfitti e hanno finito per disperdere le forze perché è mancato lo sbocco politico, la direzione.

Se è vero che la politica è debole (inconcludente, autoreferenziale, corrotta), e che, comunque, i luoghi delle decisioni ormai sono irraggiungibili, perché si affannano tanto a voler riformare le istituzioni e la Costituzione?

Il capitale è tornato a sembrare invincibile agli occhi dei proletari. L’immigrato, il “terrone”, il più debole sono percepiti come antagonisti agli interessi particolari di ognuno. Il potere, invece, non si mette in discussione.

Bisogna recuperare la politica come arte del possibile, cioè come attività che modifica concretamente i rapporti di forza tra le classi nelle condizioni date e perciò risponde ad esigenze reali della gente.

C’è bisogno, dunque, di un soggetto politico che si misuri concretamente sui risultati delle battaglie, che non perda la sua ragion d’essere se non governa, ma che non la ritrovi soltanto quando è isolato all’opposizione.

 Per concludere segnalo due date vicine, sulle quali misurare il movimento per le Case della Sinistra Unita: VENERDI 16 MAGGIO E MERCOLEDI 4 GIUGNO.

Il 16 maggio le Rsu autoconvocate si mobilitano in tutta Italia e a Roma davanti al Ministero del Lavoro per chiedere una previdenza più sicura e giusta che ripristini le pensioni d’anzianità.

Il 4 giugno c’è  lo sciopero generale nazionale dei Call Center con manifestazione a Roma per la difesa del lavoro, contro gli appalti al massimo ribasso e le delocalizzazioni. La vertenza riguarda gli 80.000 lavoratori del settore, ma i contenuti della piattaforma sono generali e di respiro europeo.

POSSONO ESSERE QUESTI DUE APPUNTAMENTI OCCASIONI PER COMINCIARE A MISURARE UN RITORNO DELLA POLITICA SUI TEMI CHE UNIFICANO IL MONDO DEL LAVORO? INTANTO CON LA PRESENZA! L’EFFICACIA SI COSTRUISCE COL TEMPO E COL LAVORO POLITICO!

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