Joseph E. Stiglitz – Un Capitalismo progressista. di A. Angeli

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Alberto Angeli 2

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Da pochi mesi è uscito nelle librerie italiane il nuovo lavoro di Joseph Stiglitz: Popolo, Potere e Profitti – Un capitalismo progressista in un’epoca di malcontento. Un lavoro che posiamo considerare la continuità del saggio tradotto e disponibile dal 2002 (Editore Einaudi) e dal titolo La globalizzazione e i suoi nemici, pubblicato nel 2001 negli USA dopo l’esperienza vissuta come componente del Consiglio dei consulenti economici di Bill Clinton durante il primo mandato Presidenziale (93/97) e dal 1997 al 2000 come chef economist e senior vice president presso la Banca Mondiale. In questo lavoro del 2001, di analisi critica delle politiche economiche promosse dalle principali istituzioni della globalizzazione, Stiglitz. come un chirurgo, lavorando sul corpo della globalizzazione minuziosamente ne evidenzia i mali: non funziona per molti poveri del mondo, non funziona per gran parte dell’ambiente e non funziona per la stabilità dell’economia mondiale. La transizione dal comunismo all’economia di mercato è stata gestita talmente male che, rileva l’autore, fatta eccezione per la Cina, il Vietnam e qualche Paese dell’Europa orientale, la povertà è aumentata a dismisura e i redditi sono crollati. Nonostante questi rilievi negativi, Stiglitz si dichiara contro chi vorrebbe abbandonare la globalizzazione, perché non fattibile né auspicabile poiché, evidenzia con puntigliosa precisione, la globalizzazione ha portato enormi vantaggi: il successo dell’Est asiatico nato dalla globalizzazione, per la facilità dell’accesso ai mercati, per le migliorate condizioni di salute e per avere facilitato la creazione di una società civile globale e attiva che combatte per ottenere più democrazia e una maggiore giustizia sociale. Nelle pagine che compongono la parte conclusiva del lavoro illustra le riforme che ritiene indispensabili a raggiungere il cambiamento per rendere la globalizzazione più equa e più efficace nel migliorare il tenore di vita delle popolazioni: insomma, una globalizzazione dal volto umano.

In questo lavoro si coglie una visione ristretta della globalizzazione, poiché è interpretata come un processo teso “ all’eliminazione degli ostacoli al libero commercio ed una più ampia integrazione delle economie nazionali”  la cui “forza” è “l’arricchimento di tutti, in modo particolare dei poveri”. E’ questa una visione della globalizzazione essenzialmente economicistica, che ha in sé un indubbio potenziale accademico, mentre il dibattito dovrebbe basarsi piuttosto sul modo di “amministrare” la globalizzazione, cioè la messa a punto di regole giuridiche e politiche mediante le quali debilitare e inibire le forme speculative della finanza e del monopolio dei mercati. Nella sostanza, partendo da queste idee, ne “La globalizzazione e i suoi oppositori”, egli punta il dito soprattutto contro il FMI. Anche se quasi tutto ciò che scrive è vero; dalla miopia nell’applicazione degli strumenti fino all’arroganza dei suoi funzionari che fanno pressioni per riforme strutturali, ciniche e cariche di sacrifici. Certamente Stiglitz, in questo saggio, dice cose interessanti in materia di economia e in alcuni momenti ha delle ispirazioni di eterodossia, se si pensa alle posizioni tradizionali della prevalente scuola economica di matrice liberale. E tuttavia è evidente che nella globalizzazione influiscono anche altri processi, come quelli che vanno dall’ambito delle ideologie politiche ai modelli culturali di consumo e del mercato, che Stiglitz li rammenta ogni tanto, a volte li intuisce, ma non li elabora in profondità. Nonostante questi limiti, per la scuola di pensiero liberale questo lavoro sembrerebbe avere svelato un nuovo volto di stglitz, dal momento che, un economista liberale come lui, finisce per essere indicato come progressista e imporsi con interesse anche tra le forze di sinistra, convinte di avere trovato in lui un nuovo profeta del progressismo.

E infatti, con l’ultimo saggio: Popolo, Potere e Profitti – un capitalismo progressista in un’epoca di malcontento, ( anno 2020 editore Einaudi ) che Stiglitz affronta il mercato finanziario e mette in risalto il diffuso malcontento negli Stati Uniti e nel mondo. A suo giudizio non è soltanto la teoria economica ad avere fallito in America, ma anche la politica. Si è determinata una frattura tra l’economia e la politica, rileva, così ne risulta rafforzata la parte economica, cioè coloro che detengono denaro e potere e li hanno usati per riscrivere le regole del gioco economico e politico. C’è una parte ristretta dell’èlite negli Stati Uniti che detiene una quota crescente dei frutti dell’economia, e una base più estesa praticamente priva di risorse e le conseguenze di questa economia e di questa politica hanno ricadute che influenzano la natura della società e dell’ identità americane, determinando una economia e una politica squilibrate, egoiste e miopi e ripercussioni sul sistema economico e politico.  Per buona parte del lavoro il sistema economico e politico dell’America è centrale nell’analisi di Stiglitz, con le sue disuguaglianze profonde e diffuse, la crescente onda razziale, che monta fino a coinvolgere le vette dell’Amministrazione, gli attacchi al sistema giudiziario, a quello universitario e alla scienza, alle comunicazioni, al sistema sanitario impostato con l’Obamacare, fino a rilevare i guasti di un’economia che distrugge l’ambiente e compromette il futuro climatico del mondo, sono i sintomi di una società che declina verso una crisi identitaria e di svalutazione di ogni valore etico, morale e sociale. Molte pagine del saggio chiamano in causa Trump, e la sua politica economica scelleratamente a favore dei ricchi, che con la legge fiscale del 2017 “il parto del più profondo cinismo”, consente a chi lavora nei fondi di private equity di corrispondere un’aliquota massimale del 20%, invece dell’aliquota quasi doppia pagata da altri americani attivi e, a seguito dell’abrogazione dell’imposta minima, sono favorite scappatoie alla corresponsione di una percentuale minima di base del loro reddito.   Una riforma pensata per favorire i ricchi, ma che ha impoverito la classe media e resa più profonda la disuguaglianza di ricchezza, risultando così che il 1% detiene più del 40% ella ricchezza degli S.U., quasi il doppio della quota di redditi ( il reddito si riferisce a quanto guadagna un individuo nell’anno, mentre la ricchezza include bene, asset, posseduto). Per l’americano la ricchezza consiste principalmente del possesso della casa e dell’auto, scontata del mutuo la prima e delle rate da rimborsare la seconda ).

Per uscire dal malessere in cui sono caduti gli Stati Uniti Stiglitz sviluppa un’agenda economica con la quale ripristinare la crescita e la giustizia sociale e consentire alla gran parte dei cittadini  di avere la vita della classe media alla quale aspirano. Lavoro e produttività, incrementare l’apprendimento e la conoscenza, superare l’insicurezza individuale, favorendo la protezione sociale superando le carenze del sistema assicurativo, introdurre il reddito minimo universale; recuperare dignità al lavoro e garantire buone condizioni nei luoghi di lavoro, sostenere la piena occupazione e una politica fiscale efficiente e progressiva, che superi il regressivo sistema americano. Nella previsione di un’economia più dinamica, l’agenda prevede di ripristinare le opportunità e la giustizia sociale, superare le discriminazioni e riportare la giustizia tra le generazioni. Lo scopo, per Stiglitz è consentire una vita dignitosa per tutti, garantendo l’accesso all’università e all’assistenza sanitaria, migliorare il funzionamento del sistema pensionistico intervenendo sull’attuale sistema di security, garantire l’istruzione universale coinvolgendo il governo federale perchè incentivi e sostenga gli stati con opportuni finanziamenti, ritenendo l’istruzione fondamentale per completare l’agenda per una nuova America, guardando ai fallimenti del passato come prologo al futuro e salvare il capitalismo da se stesso.

Non si colgono, nel nuovo saggio 2020, novità rispetto a quello della globalizzazione e suoi nemici anno 2002: là si concludeva con la previsione di rendere più umana la globalizzazione, in questo si vuole salvare il capitalismo da se stesso trasformandolo in progressista. Una lezione accademica lunga 343, in cui l’America e Trump costituiscono l’oggetto dell’analisi socio economica e il laboratorio all’interno del quale costruire l’agenda economica da valere per gli Stati Uniti e sollecitare nei cittadini americani una rivolta contro le politiche sociale e economica di Trump. Manca all’appello l’Europa, mentre è ricordata la Cina ma non la Russia Putiniana, poco è detto della necessità di riformare il WTO e rivedere e ridefinire le norme giuridiche mediante le quali condizionare la globalizzazione finanziaria e i processi speculativi che spesso si materializzano nelle fasi di intermediazione negoziale. Limitarsi a richiedere una riforma fiscale equa e giusta, costituisce una proposta di buon senso, ma non esaurisce il problema di tassare le ricchezze e i patrimoni ( questi, ad esempio, sottoporli ad una forte tassa di successione ) per una giusta redistribuzione delle risorse e delle ricchezze, con il fine di realizzare quanto Stiglitz propone in merito alla formazione e all’istruzione, dalla suola materna all’università. Nulla è detto sui paradisi fiscali, sul principio di unificazione dei diritti alla mobilità, ai temi dell’emigrazione, delle guerre in atto e sui ritardi riguardanti gli accori sul clima, sui quali soprattutto gli Stati Uniti sono fortemente debitori .  Piketty, con il saggio Capitale e Ideologia ( del quale mi sono già interessato ) è stato scientificamente più completo. E’ pur vero che il suo lavoro si sviluppa con dati, grafici e riferimenti storici per un volume di pagine 4 volte superiori, ma nelle conclusioni offre risposte percorribili, plausibili e, sotto un certo punto di vista, anche rivoluzionarie. Per concludere, questo 2020 ci fa scoprire che due eminenti studiosi  dell’economia ( uno, Stiglitz Premio Nobel e l’altro Piketty, con al suo attivo saggi di economia importanti ) si rivelano interessati a realizzare una riforma del capitalismo e della globalizzazione in senso socialista e progressista. Non accontentiamoci, confidiamo che ci aiutino a realizzare il socialismo.

Alberto Angeli

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