25 aprile 1945: ora e sempre Resistenza. di R. Giuliani

Nella lotta nazionale di popolo rinasce con la CGIL unitaria il sindacato italiano, ancora oggi grande ed insostituibile protagonista sociale a tutela dei lavoratori.
A sessanta anni di distanza, la Resistenza conserva inalterato il suo profondo significato di spartiacque politico ed ideale della storia dell’Italia contemporanea. Ad alimentare la funzione svolta in questa direzione dalla guerra di liberazione nazionale, non concorre solo il fatto che con essa si pone termine al ventennale periodo di dittatura fascista e si avvia a compimento la costruzione del nuovo stato democratico e repubblicano. Altrettanto decisiva, infatti, è la natura dei processi che la caratterizzano, dandole insieme la forma di prima guerra veramente popolare nella storia del paese e di prima occasione specifica per il ritrovato ruolo di direzione politica esercitato dal movimento operaio dopo gli anni della dittatura.
Gli scioperi operai del marzo del 1943 e lo sciopero insurrezionale della primavera del 1945 diventano, pertanto, i termini concreti entro cui si definisce, svolgendosi in tutta la sua complessità, la maturazione di questi processi, destinati ad influenzare non solo l’esito della guerra di liberazione, ma anche la nascita del nuovo stato e del sistema politico che gli corrisponde. Al di là di tutto questo, i fenomeni di disgregazione delle basi di massa del regime fascista, se sono il segno distintivo della Resistenza, hanno la loro genesi in tempi più remoti, e precisamente affondano le radici nelle contraddizioni crescenti incontrate dalla società italiana all’indomani della grande crisi del 1929. E’ qui infatti che si avvia la intensa stagione di lotte che, come un ricorrente filo rosso, segna le vicende del regime nel corso degli anni trenta. Ed è qui anche che prende corpo quella politica di riconversioni radicali dei settori produttivi e finanziari dell’economia nazionale che, imponendo nuove e decisive contraddizioni, finisce per trascinare il paese nella politica di guerra del fascismo: all’occupazione dell’Etiopia prima, all’intervento nella guerra civile spagnola, più tardi, ed infine all’apertura delle ostilità contro la Francia e l’Inghilterra, dichiarata il 10 giugno 1940, che segna l’ingresso nel vortice della seconda guerra mondiale.
Anche in quest’ultimo senso, la Resistenza si configura come il momento storico nel quale giungono a maturazione spinte sociali e politiche diverse, le quali, filtrate da anni di lotta di opposizione clandestina, trovano il loro punto di equilibrio nel deciso rifiuto di tutta intera l’esperienza fascista e, come tali, si pongono alla base dei nuovi istituti e dei nuovi organismi dell’Italia democratica. Per il movimento sindacale questo richiamo è ancora più significativo, giacchè esso rinasce nelle lotte sociali che accompagnano la Resistenza, ricevendone impronte ed influenze destinate a caratterizzare il suo ruolo e la sua azione negli anni successivi.
Con gli scioperi del marzo 1943 si compiva un intero ciclo di lotte iniziato nell’autunno 1942. “Pace, pane e libertà” le parole d’ordine contro lo sfruttamento, contro il fascismo e contro la guerra. Con il “Patto di Roma” rinasce il sindacato, la CGIL unitaria voluta da Di Vittorio, Grandi e Lizzadri. Ne diviene leader Bruno Buozzi, socialista, che per la lunga e coerente milizia poteva dirsi il simbolo stesso della tradizione di classe del sindacalismo italiano.
Buozzi verrà ucciso dai nazisti in fuga da Roma nella notte tra il 3 ed il 4 giugno del 1944 pagando così con la vita il suo fermo impegno in favore della causa dei lavoratori.
Rino Giuliani