ASPETTANDO FRANCESCHINI, di M. Luciani (Foto di Patrizia Cortellessa)
I lavoratori degli stabilimenti cinematografici di Cinecittà ricominciano a lottare. Ieri, al termine di una assemblea sindacale hanno deciso di salire sulla torre dei ripetitori e di non riscendere. Il motivo che ha fatto ripartire la lotta è il “Piano Industriale” della proprietà (Abete, Della Valle, Haggiag, De Laurentis) presentato ufficialmente alle organizzazioni sindacali, lunedì scorso. Nel documento si legge nero su bianco che dei 30mila mq di superficie dell’area di Via Tuscolana solo 6000 saranno destinati a Teatri di Posa e annessi. Gli altri saranno destinati a uffici, alberghi, palestre, parcheggi di superficie e sotterranei, mense. Una volta portato a compimento tale progetto lo spazio più ampio e meglio attrezzato dedicato alla produzione presente a Roma resterebbe la ex De Paolis (oggi Studios), sulla Tiburtina, con i suoi 25000 mq di teatri, insufficienti per le grandi produzioni cinematografiche ed impiegati finora, al massimo, per fiction televisive o film low budget. Del resto si tratterebbe soltanto della pietra tombale perché la musealizzazione della cinematografia è già un fatto compiuto nella Cinecittà di Abete, Della Valle, Haggiag. Basta visitare l’area ex Dino Città al km 23,300 della Pontina divenuta da un anno Parco a Tema o gli stessi stabilimenti di Via Tuscolana 1055 caratterizzati da teatri di posa fermi e da spazi sottratti alla produzione e dedicati a mostre e a percorsi turistici per capire quale sia la scelta strategica tra la produzione e la rendita. Ma i lavoratori non ci stanno a dichiarare la partita chiusa e continuano a lottare, nonostante la cassa integrazione per 88, il contratto di solidarietà per 110 e poi lo spettro del licenziamento per tutti. Continueranno a lottare facendo coalizione sociale con i lavoratori e con i cittadini che non vogliono rinunciare alla vocazione produttiva di eccellenza di Cinecittà che tante opportunità occupazionali ha dato al territorio fin dalla sua inaugurazione nel 1937.
Intanto sono saliti sulla torre, “aspettando Franceschini”. Che spieghi, il ministro, se il piano di cementificazione a beneficio della rendita privata può giustificare 7 milioni di investimento sul sito di Cinecittà, la rateizzazione in 8 anni di 5 milioni di euro di debito contratto da Cinecittà Studios verso l’Istituto Luce (pubblico) e la riduzione del canone d’affitto che la stessa Cinecittà Studios deve corrispondere al Ministero dei beni ambientali, culturali e del turismo. O se ancora la libera iniziativa d’ impresa non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale, come è ancora stabilito dalla Carta Costituzionale. Articolo 41.