INTERVISTA AI RAPPRESENTANTI SLC-CGIL DEL TEATRO DELL’OPERA, a cura della Redazione.
D) Il governo ha precise linee di indirizzo e vincoli legge che mettono a rischio la sopravvivenza delle Fondazioni Lirico Sinfoniche.
R) In 8 anni da parte governativa ci sono stati 7 interventi legislativi per iniziativa dei governi di centro-destra e centro sinistra tutti volti alla precarizzazione del lavoro e all’esternalizzazione delle produzioni delle Fondazioni Lirico Sinfoniche (FLS). Ultimi in ordine di tempo la legge 100 (Bondi), la legge 112 (Bray) e il decreto 83 (Franceschini) recentemente convertito in legge.
Il meccanismo della legge Bray (affinato e perfezionato da Franceschini) è questo: si indica in modo perentorio dove arrivare (il cosiddetto risanamento), come (colpendo quasi esclusivamente il personale) e in che tempi (max 2016). Però, data la macchina e la meta, nessuno ha certezze sulla benzina: in altre parole, il “risanamento”, che in molti casi sembra impossibile già da adesso, è oltretutto subordinato agli stanziamenti del Fondo Unico dello Spettacolo (FUS) e degli enti locali. Su queste cifre NESSUNO al mondo può dire cosa accadrà da qua al 2016 ma, visti i precedenti degli ultimi anni, tutto potrà accadere tranne che queste risorse aumentino. Mi pare che la legge abbia tracciato questo percorso: dare a tutte le fondazioni un compito evidentemente impossibile al fine di creare le condizioni per il collasso di alcune (ma solo dopo aver spolpato ben bene il personale).
La legge Bray concede un prestito di 75mln + 25 per le 8 FLS a fronte di un debito che è almeno il doppio. La legge prevede che per avere ‘sta misera boccata di ossigeno che da alcuni è accolta ovviamente con piacere si deve mettere in campo un piano industriale e arrivare ad un impossibile PAREGGIO entro 31 dic 2016. Impossibile perché le risorse messe in campo non bastano. La pena per chi naturalmente non otterrà il pareggio è la LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA PER LEGGE, è matematico, quindi, che fra tre anni esatti almeno 4 o 5 fondazioni chiuderanno i battenti. E gli altri si spartiscono la torta rimasta diventando di fatto eccellenze perché prendendosi i soldi dei “morti” potranno iniziare a fare una produzione che giustifica la loro stessa esistenza in “vita”. Il progetto è IL DIMEZZAMENTO circa del sistema delle Fondazioni Liriche.
Va rilevato anche che l’investimento pubblico nel settore della produzione Lirica, Sinfonica e di Balletto in Italia è a livelli da terzo mondo e non è nemmeno paragonabile a quello di Francia, Austria, Germania ecc.
D) Quale respiro può avere una vertenza che vede come controparte il Comune di Roma?
R) Il Comune di Roma ha un ruolo fondamentale per il Teatro dell’Opera. Tutte le fondazioni liriche dipendono dal Fondo Unico dello Spettacolo che è erogato per legge e hanno un contributo marginale da parte del comune in cui risiedono. A Roma invece per ragioni storiche il contributo del Comune è ingente e vitale e tale contributo “non è per legge,” ma viene deciso sulla base di una delibera. E’ intuitivo affermare che chi ha in mano “i cordoni della borsa” ha potere “di vita e di morte” in un settore che per sua natura non può vivere di sole risorse proprie. Esattamente come non può vivere di sole risorse proprie una biblioteca comunale, un museo o una scuola pubblica.
D) Come si può valutare la mediazione della neo-Assessora al ramo della giunta Marino, Giovanna Marinelli, nella vertenza in corso al Teatro dell’Opera?
R)La neo Assessore Marinelli si è fatta artefice di un incontro tra i sindacati e il Sovraintendente del Teatro dell’Opera Carlo Fuortes e va detto che costringere Fuortes ad un tavolo di trattativa non è cosa facile. L’accordo che è stato firmato a piazza Campitelli il 28 luglio 2014 presenta luci e ombre. Va valutato positivamente che il Comune si pone come parte terza tra sindacati e dirigenza ponendo le condizioni affinché quest’ultima non si sottragga al confronto democratico. Va valutato negativamente che nella firma di tale accordo non si sia entrati in modo puntuale nel merito del problema maggiore che quello della progressiva precarizzazione del personale e del rischio concreto di esternalizzazione della produzione.
D) Perché i sindacati presenti in Teatro hanno dato valutazioni diverse, e la vostra è contraria, sulle linee guida depositate dal Sovraintendente Carlo Fuortes al Mibact (il Ministero) fino ad arrivare all’accordo separato?
R) In effetti si rileva che di fatto si è creata una dannosa spaccatura tra i dipendenti del Teatro e tra le Organizzazioni sindacali.
In base alla legge 112 entro il 30 settembre si dovrà dotare di una nuova “pianta organica” che rimarrà in vigore a tempo indeterminato: l’Opera è uno spettacolo fatto di persone e la “dotazione organica” è un dato fondamentale. Al momento, e siamo ad agosto -da considerare anche l’inevitabile stop concomitante con le ferie- la Direzione non ha dato indicazioni precise e numeriche su quello che intende fare in relazione alla futura “pianta organica”, ma si è limitata a generiche rassicurazioni e indicazioni di principii generali e rinvii a una futura discussione.
Chi PROTESTA ritiene che conoscere le intenzioni puntuali della direzione sulla “pianta organica” e una previsione sulla base di dati concreti di entrate/uscite sia indispensabile per poter firmare e approvare il “piano industriale” complessivo previsto dalla legge 112 stessa. Tra chi protesta ci sono anche diverse valutazioni sull’efficacia dello sciopero come strumento per la risoluzione di queste problematiche.
Chi NON PROTESTA, invece, ritiene che le rassicurazioni fornite dalla Direzione siano bastanti e si ritiene sufficientemente tranquilla in base ai dati di cui è a conoscenza.
In questa situazione (a parte singoli casi personali) SONO TUTTI IN BUONA FEDE e TUTTI dal loro punto di vista operano per l’interesse del Teatro nell’insieme.
Il 18 e 19 settembre si svolgerà un referendum (tipo vicenda Mirafiori) sulla base degli accordi inter-confederali per approvare da parte dei dipendenti l’accordo che l’8 luglio è stato siglato da una parte dei sindacato (quella che non ha aderito alle proteste delle ultime settimane). Naturalmente questa cosa potrà avere un importante peso nella chiarificazione della vicenda. Ma va rilevato che non è vero che la maggioranza ha sempre ragione!
D) Carlo Fuortes nella sua recente esperienza al Petruzzelli di Bari ha chiuso in forte passivo il bilancio 2013 nonostante che quel Teatro non sia dotato di organico stabile delle masse artistiche. Perché, dunque, oggi sta perseguendo l’obiettivo di ridurre il lavoro stabile nell’orchestra, nel ballo e nel coro, oltre che nel settore tecnico, anche al Teatro dell’Opera?
R) Carlo Fuortes è l’esecutore del progetto Bondi-Bray-Franceschini che come già detto è volto a trasformare i Teatri da centri di produzione (quali oggi ancora sono) in contenitori vuoti dove far circuitare spettacoli prodotti da la nota “cricca” di agenzie, appaltatori, impresari amici di amici.
D) Dal 25 agosto al 25 settembre l’Assessore alla Cultura del Comune di Roma ha dichiarato di essere a disposizione per il confronto tra le parti. Il 18 e 19 settembre si terrà il referendum dei lavoratori, poi, il 30 settembre, il Consiglio d’Amministrazione voterà una nuova pianta organica prima di essere sostituito. Quale esito vi proponete alla fine di questo percorso?
R) Il nostro obiettivo è che gli organici stabili del Teatro abbiano una consistenza paragonabile a quella dei Teatri lirici di una capitale europea. Siamo convinti che Roma lo meriti. Grazie anche alla presenza del Maestro Riccardo Muti il Teatro dell’Opera di Roma produce spettacoli ai massimi livelli internazionali e lo ha dimostrato a Salisburgo nel 2013 e a Tokyo nel 2014. Chiediamo solo che ci sia il numero corretto di persone per poter continuare su questa strada. Vogliamo difendere gli organici produttivi del Teatro a partire da quelli in maggior sofferenza con particolare attenzione al CORPO DI BALLO che ad oggi conta solo 12 elementi stabili.
D) Si è sviluppata in queste settimane una mobilitazione dei lavoratori del Teatro dell’Opera straordinaria per intensità e durata sotto la direzione di Slc-Cgil e Fials con tre scioperi e lo stato d’agitazione permanente. Vi aspettereste a questo punto dalla sinistra romana di aprire un fronte unico sulle numerose vertenze in corso nel campo della produzione culturale, tra le quali, oltre il Teatro dell’Opera, il Teatro Eliseo (sfratto rinviato al 16 settembre), il Teatro Valle occupato e Cinecittà Bene Comune?
R) Sarebbe auspicabile il “fronte unico” sulle numerose vertenze in corso nel campo della produzione culturale, purtroppo la cosa non è facile per 2 semplici ragioni: quelle elencate nella domanda sono realtà troppo diverse e la tecnica del “divide et impera” si rivela di facile applicazione per quella che di fatto è la naturale controparte, cioè l’amministrazione comunale e regionale, ma anche da parte del Ministero. Anche all’interno del Teatro dell’Opera stesso la forza della dirigenza si basa proprio sull’applicazione sapiente di questa tecnica.