È veramente unita la Lega di Salvini? di M. Zanier

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La crisi di governo innescata da Salvini l’8 agosto con le parole “La maggioranza non c’è più, restituiamo la parola agli elettori” ( Monica Guerzoni, Corriere della Sera on line, 8 agosto 2019) ha di fatto scatenato il disappunto di Luigi Di Maio e del Movimento 5 Stelle e la reazione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ne ha condannato il comportamento nel suo discorso al Senato. Il seguito lo vediamo tutti: la costruzione di un accordo di governo tra il PD prima all’opposizione ed il M5S, fino a poco fa al governo con la Lega, con una maggioranza alternativa in Parlamento senza bisogno di far ricorso al voto.

Secondo molti osservatori, Salvini ha giocato male la sua partita, essendo allora l’elemento più in vista del precedente governo giallo-verde a trazione leghista su moltissimi punti ed avendo di fatto ribaltato il “suo” governo. Aggiungo che il segretario della Lega sta di fatto guidando il suo partito in modo molto individualista, scegliendo troppo spesso da solo per tutti senza consultare gli organi dirigenti ed i suoi collaboratori più stretti. Si obietterà che è la stessa posizione di Bossi delle origini, ma Salvini non è Bossi e la Lega di oggi non è più la Lega Nord, anzi l’attuale segretario ha commesso molti errori da quando nel dicembre del 2013 ha voluto traformare il partito federalista del Nord in una cosa nuova. È quanto afferma oggi Cristiano Puglisi nel Blog de Il Giornale.it, I limiti della Lega. Perché ora il salvinismo deve diventare vero sovranismo”: il salto nel buio agostano non è stata l’unica pecca di un partito, la Lega, che in questi anni non ha, per dirne un’altra, saputo fornire alla proposta sovranista una solida base ideale e culturale e ancora la Lega non ha saputo realizzare una proposta coerente: sui temi etici si è vista la convivenza del rosario e delle invocazioni misticheggianti con i selfie sul cubo dei locali alla moda, in politica economica il ritorno al sociale ha condiviso le stanze col liberismo più spietato mentre, in politica estera, alla cosmetica filo-russa […] ha fatto seguito il solito (a destra) appiattimento assoluto sulle posizioni dei neoconservatori americani. Trasformazione sovranista non riuscita, confusione nei riferimenti etici del segretario, eccessiva spregiudicatezza nei rapporti internazionali della Lega. Chi ha fatto queste osservazioni scrive, ovviamente, su periodici di centro-destra e osserva il fenomeno Salvini con un occhio critico che, secondo me, non va sottovalutato.

Oggi Matteo Salvini si è rifiutato di portare la sua delegazione da Giuseppe Conte e lo stesso ha fatto Giorgia Meloni, entrambe convinti che basti il ricorso alla piazza per crescere elettoralmente e uscire vincitori dalle future elezioni (che ora sembrano allontanarsi). Quali prospettive si aprono al partito di via Bellerio oggi oltre all’iniziativa personale di Salvini, che trova in Fratelli d’Italia i suoi unici veri alleati (dato che Berlusconi ha affermato che l’opposizione al governo Conte sarà repubblicana e al Senato)? Una scalata al potere molto difficile ed un rapporto con alcuni vertici leghisti ormai usurato. Il caso Giorgetti, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, parla da solo, se ci si ricorda la sua visita al Colle il 18 luglio all’insaputa di Salvini, per mettere la parola fine al suo possibile incarico di membro italiano della Commissione Ue (si veda “Il grande freddo che divide Salvini e Giorgetti” del 31/07/2018 su www.lettera43.it), giocando una partita di fatto molto diversa da quella del suo segretario. La posizione di Maroni è ancora più evidente: la sua intervista ad Omnibus (la 7) del 26 agosto è culminata nell’affermazione che il calo elettorale della Lega registrato dai sondaggi è attribuibile all’iniziativa di Salvini di aprire la crisi di governo. Segno che sotto la cenere del salvinismo di facciata di Maroni, cova una politica leghista molto differente.

Sia chiaro, il partito di via Bellerio è ancora un partito grosso e con un grande seguito popolare e la vicinanza della Meloni non può farci stare tranquilli, ma se l’accordo di governo PD-M5S andrà a buon fine dando vita al governo Conte 2, le contraddizioni interne a quella formazione potrebbero anche esplodere e potrebbe verificarsi un’ennesima mutazione nella linea e forse anche nella leadership della Lega.

In tutto questo, la sinistra se saprà ricomporsi, i movimenti civici e democratici, i socialisti autentici e i sindacati, potrebbero tentare di dare vita ad un percorso credibile e nuovo per occupare uno spazio politico che né questo governo, né il centro-destra in difficoltà potranno occupare naturalmente. Ripartendo dai problemi dei lavoratori reali, dalle difficoltà di reddito, di salari troppo bassi, di precarietà abitativa ed incertezza della vita che attraversano le nuove generazioni ed i quarantenni di oggi a cui sembra che nessuno in Parlamento sappia o voglia più davvero parlare.

Marco Zanier

 

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