Il PD è stato ad oggi neoliberista e poco liberale. di P. P. Caserta
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In una discussione in risposta ad un mio post, nel quale affermavo che le politiche economiche del PD renziano sono state fedeli ai dogmi del neoliberismo, qualcuno obietta che il PD è liberale e non liberista. Vecchia storia, in ogni caso io penso proprio il contrario, che il PD sia stato ad oggi sicuramente neoliberista e poco liberale.
Il liberalismo, nelle sue complesse linee di evoluzione storica, è fatto di due aspetti principali tra loro interconnessi. Il primo si riferisce al livello politico-istituzionale. In questo senso il liberalismo si configura dalle sue origini, nella seconda metà del Seicento in Inghilterra, come teoria e prassi della divisione, del bilanciamento e del reciproco controllo dei poteri (Locke, poi ripreso da Montesquieu ecc.). In una seconda declinazione, tuttavia strettamente connessa con la prima, il liberalismo si è sempre caratterizzato per la strenua difesa delle libertà e dei diritti dell’individuo in primo luogo contro l’invadenza dello Stato, ma anche contro il punto di vista della maggioranza (Stuart Mill).
Ora, è vero che il PD ha (blandamente ma) difeso i diritti civili, sia pur conculcando quelli sociali (jobs act, antisindacalismo ecc.), tuttavia nel fare questo ha seguito lo schema ormai preferito da tutti i partiti conservatori europei. Questo è un liberalismo conservatore (diritti civili contro diritti sociali).
Ma dove il PD non è stato affatto liberale è sul piano politico-istituzionale, avendo cercato Renzi di mettere mano alla Costituzione per alterare l’equilibrio liberale tra i poteri a favore dell’Esecutivo.
Venendo alle politiche economiche, il PD renziano è stato nettamente interno al modello neoliberista / ordo-liberista egemone, la cui ultima versione in ordine di tempo è l’austerity con le sue politiche antisocial, del quale ha applicato in Italia le ricette (ancora Jobs act). Il renzismo è stato intriso di classismo e gli sponsor di Renzi li conosciamo, i Davide Serra e compagni di cordata. Il segno del renzismo di governo, poi, è stata la cinica amministrazione del declino, condita da una stucchevole retorica nuovista.
Renzi, come il Blair al quale si è sempre richiamato, ha dato il suo contributo ad un più vasto lavoro, quello di occupare il maggior contenitore nominale della sinistra, per svuotare la sinistra dei suoi contenuti e portarla in una posizione del tutto subalterna alla destra economica.
Pier Paolo Caserta