APPELLO AI SOCIALISTI PER L’ADESIONE ALLO SCIOPERO GENERALE DEL 12 DICEMBRE 2014
I compagni della Sinistra Socialista invitano tutti i Socialisti a partecipare il 12 dicembre allo sciopero generale nazionale proclamato unitariamente dalla CGIL e dalla UIL per protestare contro la politica economica e sociale del governo Renzi.
Prendiamo atto con piacere che lo sciopero generale sia stato indetto di comune accordo tra la CGIL e la UIL, apprezzando la scelta della UIL che, dopo tantissimi anni sceglie, a difesa di tutti i lavoratori, la strada di un rapporto privilegiato con la CGIL in nome di una comune appartenenza alla sinistra riformatrice.
Riteniamo che solo una grande mobilitazione di tutto il mondo del lavoro può modificare la politica economica ed industriale del governo per giungere alla definizione di una vera politica industriale articolata su un nuovo protagonismo pubblico, sostenuto da risorse recuperate da un riequilibrio fiscale generale e da una revisione profonda dei vincoli imposti dai parametri di bilancio europei.
Solo una grande mobilitazione democratica dei lavoratori per difendere lo Statuto dei Lavoratori può consentire di respingere la pretesa che in materia di rapporti sociali e di lavoro si possa legiferare in base ad una delega al buio rilasciata al governo, riaffermando il valore sostanziale dell’autonomia e della forza contrattuale del movimento dei lavoratori e la stessa rilevanza costituzionale delle sue rappresentanze.
E’ necessario oggi più che mai respingere l’idea che i diritti dei lavoratori siano un impedimento allo sviluppo e smentire il disegno del governo di assolvere le classi dirigenti bancarie, finanziarie ed economiche dalle loro gravissime responsabilità nel determinare la crisi di sistema che sta distruggendo le basi sostanziali del tessuto produttivo e sociale del Paese.
Siamo convinti che la rigidità in uscita del rapporto di lavoro dipendente non ostacola il consolidamento a tempo determinato dei lavori precari, o, peggio, impedisce la creazione di nuovi posti di lavoro, e la grande mobilitazione del 15 novembre ha già ampiamente dimostrato che il mondo del lavoro dipendente che ha un lavoro stabile e garantito non solo non è isolato nella società, ma non è affatto inviso alle giovani generazioni, incerte sul loro futuro a causa della crisi verticale di un intero modello di sviluppo.
Noi in ogni caso vogliamo e dobbiamo difendere il sindacato dall’ennesimo tentativo di cancellare il suo ruolo di interlocutore centrale del governo sulle politiche sociali ed economiche, e siamo convinti che ancora una volta il 12 dicembre prossimo il tentativo di dividere i lavoratori dai giovani senza lavoro sarà destinato al fallimento, nonostante le difficoltà di un sindacato sicuramente ancora debole nella sua capacità di rappresentanza delle aree sociali che vivono nel disagio causato dalla mancanza di un lavoro stabile.
Riportando l’attenzione sulla necessità di una politica industriale come unica strada per invertire il processo recessivo che sta inghiottendo il paese, vogliamo quindi respingere il disegno di Renzi e del suo governo di utilizzare l’attacco all’art 18 dello Statuto dei Lavoratori per distogliere l’attenzione dalle responsabilità delle classi dirigenti bancarie finanziarie ed economiche, sostenute da una classe politica inetta e di poco valore, e da una schiera di intellettuali, professori e giornalisti ancor più in malafede, nella costruzione di un sistema dello sviluppo fallimentare, la cui crisi verticale nei paesi avanzati ha prodotto una recessione terrificante, che si tenta ora di imputare alle così dette “rigidità del lavoro”, dopo anni ed anni di trasferimento continuo e progressivo di ricchezze e di reddito reale dal mondo del lavoro all’area del profitto e della rendita, compiuto in parallelo al depauperamento sistematico del nostro sistema produttivo.
Intendiamo inoltre sottolineare la nostra contrarietà alla politica renziana di revisione dell’impianto istituzionale dello Stato italiano; revisione antidemocratica, per gran parte dei contenuti di merito dei testi di riforma delle province e del Senato della Repubblica e per l’iter adottato nella loro elaborazione. Soprattutto, una rielaborazione della Costituzione, così radicale rispetto al testo del ’48, non è ammissibile che sia appannaggio di un parlamento espressione di una legge elettorale dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale.
L’impegno pressante di revisione costituzionale del PD e del suo governo nasconde, forse con premeditazione, l’impossibilità per un’area politica, che non ci appartiene, di affrontare da sinistra, per i più deboli, per i lavoratori e per la parte produttiva, i problemi economici del Paese, sempre più gravi che generano disuguaglianze crescenti nella società italiana, come conseguenza inevitabile del disegno deflazionistico iniziato dal governo Monti e sostenuto dai poteri economici, nazionali ed internazionali, dominanti.
Per altro verso, risponde ad un’impostazione reazionaria, nata già all’indomani della promulgazione della Costituzione Repubblicana, che, nei sessantasei anni seguenti, ha cercato di smantellare, ora con leggi elettorali maggioritarie, ora con tentativi di revisione costituzionale drastiche e demolitrici, la costruzione democratica del nostro Stato, fondata sulla partecipazione diretta della gente alla cosa pubblica.
La nuova legge elettorale, attualmente in cantiere, maggioritaria e lesiva delle minoranze politiche del Paese, è in coerenza con quel disegno. In questo senso non sono da meno varie leggi elettorali regionali.
Per noi Socialisti questa manifestazione assume un significato ancor più particolare, perché lo Statuto dei Lavoratori, grazie all’azione del PSI di De Martino, Nenni, Santi, Brodolini e Lombardi, ha rappresentato il più grande risultato politico mai ottenuto dal mondo del lavoro nel nostro paese, ed il voto sciagurato dei Senatori Socialisti, compreso quello del segretario del Partito, a favore della delega al governo in materia di rapporti di lavoro, ha costituito un atto gravissimo, assolutamente estraneo a tutti i nostri valori di riferimento, ed opposto alla nostra concezione sostanziale della democrazia repubblicana, fondata sulla considerazione del lavoro, e di tutti i diritti ad esso connessi, come l’asse centrale dell’organizzazione sociale del paese.
Il 12 dicembre rappresenta dunque un momento di lotta per la difesa della stessa ragion d’essere del sindacato. Una causa che fa tutt’uno con quella del socialismo democratico e dello stato sociale. Saremo dunque presenti a fianco dei lavoratori, con i nostri simboli e le nostre bandiere. Convinti di rappresentare, nella loro interezza, una storia, una cultura e dei valori che nessuno può interrompere o rinnegare.