Tor di Valle – “Stadio della Roma” : La maschera di una clamorosa bufala, di B. Ceccarelli

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Bruno Ceccarelli

Ho uno  stranissimo talento: quello di provare diffidenza verso una determinata cosa, ancor prima che razionalmente l’abbia potuta spiegare o dipanare.

Debbo dire che questa attitudine non mi ha mai tradito. Tuttavia, e in ogni caso,  ho sempre cercato, magari mettendoci del tempo,  di spiegare (successivamente) da cosa derivasse questa mia diffidenza.

Questa questione mi si è prepotentemente riproposta nella circostanza, recente,  della delibera della Giunta Comunale di Roma circa  l’assenso alla realizzazione di un nuovo stadio di calcio in località Tor di Valle.

Ho creduto di spiegare questa diffidenza per una naturale avversione a decisioni istituzionali affrettate che saltavano procedure trasparenti e democratiche. Accompagnata da una altra naturale ostilità riguardo una idea della pianificazione del territorio, mentre si costituiva l’Area Metropolitana, che non solo non traguardava l’intera area territoriale di Roma Città metropolitana, ma che presupponeva una idea di futuro del tutto coerente ai disastri territoriali  già inferti alla città e in continuità ad un sistema (modello) di sviluppo che sta mettendo in ginocchio non solo il nostro paese ma l’intero pianeta.

Cosi mentre i rappresentanti eletti in Assemblea Capitolina  affrontavano la vicenda dal punto di vista dei vantaggi che dovrebbero derivare alla città (ovvero la affrontavano dalla coda), ho creduto di indagare partendo dalla testa (ovvero dal punto di vista dell’approccio di legittimità della Istituzione).

Tralascio ovviamente, pure se prepotentemente evidenti ed esecrabili, gli interessi della proprietà e dei costruttori tesi a trarne profitti speculativi. Come tralascio le cosiddette previsioni infrastrutturali: un vero pasticcio con strafalcioni riguardo la pianificazione e il tipo degli interventi. Tralascio persino, ancorché siano il vero oggetto di questa mia nota, le volumetrie previste ai fini garantire < al soggetto proponente il complessivo equilibrio economico finanziario della operazione>.

La dizione virgolettata sopra riportata e ripresa dalla norma di legge che viene utilizzata (a mio parere molto maldestramente (1)), credo che sia il punto che ha sollecitato tutta la mia diffidenza circa l’operazione.

Come leggo la vicenda? Sono  un proprietario di terreni che intende fare una speculazione sugli stessi, ancorché il PRG di Roma preveda vincoli di inedificabilità e altre destinazioni di natura ambientale. Propongo al Comune di costruirci uno stadio per una società di calcio della città (anche in modo di chiamarlo da subito Stadio della Roma), il comune abbocca e attraverso uno studio “grossolano” di fattibilità cerco di farmi riconoscere – come prevede la legge per l’ammodernamento o la costruzione di nuovi  impianti sportivi – la dichiarazione  di pubblico interesse  dell’opera.

Questa quisquiglia non difficile da ottenere, visto i livelli della tifoseria calcistica presenti nelle istituzioni, che voteranno con atto di fede religiosa la relativa deliberazione ragionando dalla coda – cosa si può chiedere di più in cambio?- porterà a me proprietario i seguenti incredibili vantaggi: La dichiarazione di interesse pubblico permetterà espropriazioni di terreni confinanti (supererò il milione di mq) dai quali, facilmente, potrò ricavare enormi profitti a seguito della loro valorizzazione. Permetterà  di far considerare l’opera di interesse pubblico (del Comune) e quindi se io privato devo spenderci dei soldi (per una mia opera di proprietà) posso chiedere molte cubature non necessarie per l’opera medesima. La mia richiesta sarà del tutto giustificata (visto che sono io a costruire una opera che il comune considera di interesse pubblico). Sarà quindi naturale che dovrò rifarmi con altre opere in modo da ottenere l’equilibrio economico finanziario come la legge prevede.  Anzi per questo motivo al Comune (ai cittadini di Roma) farò come minimo sborsare, almeno, 130 milioni di euro. Se poi come sarà sicuramente possibile, dopo qualche ridottissimo tempo, usando la legislazione regionale urbanistica trasformo le volumetrie realizzate come servizi (un milione di metri cubi), in edilizia residenziale (che non ho potuto fare immediatamente perchè la legislazione non l’avrebbe permesso) il gioco è fatto. Ho realizzato milioni e milioni di euro sfruttando il nome di una società calcistica, ho ottenuto la proprietà di terreni espropriati, ho ottenuto plus valenze da capogiro e infine vendo come edilizia residenziale dei grattacieli realizzati con altri scopi. Se poi la chiave taumaturgica per ottenere tutti questi vantaggi è solo inserire una clausola sul diritto di prelazione della società calcistica nel caso volessi vendere lo stadio la cosa è di cosi poca rilevanza che certamente darò il benestare a che  la clausola possa essere riportata in delibera. 

In arte militare si chiama falso scopo il puntare su un bersaglio in modo che con un cannone che spara lontano si possa colpire il vero obiettivo. Questi signori, strateghi dell’intrallazzo e della speculazione, sono davvero bravini!

Bruno Ceccarelli

Nota (1)

Ho seri dubbi che si possa applicare, cosi come previsto per opere realizzate in project financing, la normativa che concede  al privato che interviene con i propri capitali a sostenere la realizzazione di  una opera pubblica (che si intende di proprietà pubblica) di potersi ripagare attraverso la realizzazione di opere altre che lo ripaghino delle spese.

In questo caso l’interesse pubblico è altra cosa da opera pubblica e quindi il significato amministrativo da dare consiste nel solo snellimento del suo iter burocratico. Certamente il  proprietario privato può essere sostenuto nella operazione permettendogli modesti interventi a corollario dell’opera medesima che rimane privata e di sua proprietà. Il concetto di equilibrio economico finanziario cosi va correttamente interpretato.

Una interpretazione difforme (mia opinione)  non solo è un regalo alla proprietà privata ma è un varco pericolosissimo ad accordi di natura corruttiva tra imprenditoria, burocrazia amministrativa e politica.

A ben vedere è il cancro che corrode il nostro paese.

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