“A ciascuno secondo il sue capacità a ciascuno secondo i suoi bisogni”. di A. Angeli
Il 21 gennaio del 1921, alla fine dei lavori del XVII Congresso del PSI, che si svolsero presso il Teatro Carlo Goldoni di Livorno, la frazione Comunista abbandonò i lavori e costituì il Partito Comunista d’Italia. Il 21 gennaio 2021 saranno quindi trascorsi 100 anni da quella data storica, che sicuramente ha influenzato i fenomeni storici che nel tempo si sono susseguiti e che hanno determinato le vicende politiche e sociali del nostro paese: la nascita e la dittatura del fascismo e la seconda guerra mondiale nazifascista. Ma anche altri fatti non meno sorprendenti sono accaduti in questo lungo secolo. La svolta della Bolognina del 3 febbraio 1991, che determina la fine del PCI e la nascita del PDS; il 13 novembre 1994 lo scioglimento definitivo del PSI; poi la costituente socialista promossa da Boselli nel 2007 a Fiuggi, che raccolse quanto rimane del vecchio PSI, che nel congresso del luglio 2008 eleggerà Riccardo Nencini Segretario e adotterà il nome di Partito Socialista Italiano, oggi guidato da un nuovo segretario, Vincenzo Maraio. Oggi, chi si accingesse a compiere un’analisi della presenza della sinistra nel nostro paese non potrebbe parlarne in termini di evoluzione ma, caso mai, d’involuzione o regressione, causata soprattutto dal difficile superamento del paradigma identitario, un fenomeno ancora irrisolto, anche perché nel tempo è intervenuta una revisione sostanziale della forma partito e del modello organizzativo, a causa dell’abbandono della forma ideologica e teorica, per strutturarsi nel modello ideale di rappresentanza democratica e riformista.
E’ quanto si coglie guardando alla vita reale della politica e alla reazione dell’opinione pubblica, poichè dalla deideologizzazione dei processi politici l’attenzione del nuovo modello di partito è rivolta a favorire una visione idealizzante di un nuovo rapporto con l’elettorato il quale, a sua volta, avverte questo cambio di paradigma e reagisce adeguando il suo orientamento e interesse politico. Difatti, alla domanda se il socialismo ha ancora una prospettiva molte associazioni e movimenti cercano di dare una risposta ricorrendo alla storia, alla tradizione e alla cultura del movimento socialista, che ha segnato tanta parte della vita politica del nostro paese. In grande parte delle risposte si cerca di motivare l’impegno per la ripresa o rinascita del socialismo confrontando il livello di inadeguatezza dell’intellighenzia del presente, che ne ha assunto il ruolo di rappresentanza e, impropriamente, ha metamorfizzato le radici originarie della sua cultura scientifica e storia politica. Infatti, accantonata la fase del socialismo scientifico, ( secondo la lettura di Marx della storia vista nell’ottica della lotta di classe ) oggi la ricerca della nuova identità socialista immagina la possibilità di rinnovare l’essenza del socialismo ricorrendo a nominalismi che diano il senso di un movimento attrezzato culturalmente e organizzativamente e pronto a confrontarsi con la globalizzazione economico-finanziaria del XXI secolo: così al socialismo è aggiunto riformista, oppure socialismo liberale o, ancora, socialismo del XXI secolo, una traslitterazione di termini operata con lo scopo di costruire una nuova identità al socialismo nella speranza di intercettare interesse e consenso politico.
“Tenebra dell’immediato” richiamando una frase di Ernst Bloch, è la dimensione dentro cui si muove questa ricerca di una identità socialista, che segni comunque una discontinuità con il passato, per cui al centro di questa ricerca non è più la classe lavoratrice, la lotta di classe e la contrapposizione alla èlite, alla borghesia, ma l’individuo, superando cosi intemeratamente le divisioni di censo e di collocazione sociale. Sono visioni e temi, quelli riguardanti il merito, o l’idea di dare a ciascuno secondo le sue capacità e non secondo i suoi bisogni, sperimentate dal socialismo del XX secolo, al pari dei tentativi di rielaborare teoricamente una visione del socialismo da contrapporre all’analisi Marxista del socialismo scientifico, ricorrendo alle tesi di Proudhon: teorie e strade che si sono dimostrate vie di fuga fallite. Sono esperimenti mentali, quelli di associare il socialismo al liberalismo, che la storia si è già incaricata di dimostrarne l’illogicità politica e sociale; peraltro ipotesi di pensiero già affrontate al pari della democratizzazione del processo politico-economico della società. Ciò che invece queste tesi mettono in campo è l’idea del funzionalismo, inteso come indirizzo metodologico secondo cui tutto è intercorrelato e chiamato a svolgere la propria funzione ai fini dell’obiettivo secondo cui non ci sono classi ma solo diversità, idea che induce a ritenere inesprimibile sociologicamente il principio dell’esistenza di diseguaglianze sociale e di classe.
Se il socialismo oggi non raccoglie consenso nonostante la presenza di un partito organizzato e l’attività di molte organizzazioni, cui adesso si affianca la ripresa del suo storico giornale l’Avanti, dovrebbe costituire materia di studio e approfondimento, magari anche mediante una ricerca tra i giovani per comprendere perché il socialismo non riesce a penetrare e conquistare interesse, invece di limitare le analisi a comparazioni di voto, a studi statistici o valutazioni semplicistiche. Se dopo un secolo di storia il socialismo è ai minimi termini e vive nella speranza di raccogliere percentuali minime, quasi da prefisso telefonico la ricerca dei suoi limiti deve avvenire nell’ambito della società, nel mondo che intende rappresentare e al quale chiedere consenso e forza, e certo non puoi rivolgere la stessa attenzione al mondo del lavoro e al capitale finanziario, al dipendente e allo speculatore, ma chiedere a ciascuno secondo il sue capacità a ciascuno secondo i suoi bisogni, come segnavia per realizzare un socialismo rispondente ai bisogni della società.
Alberto Angeli