Fuori la criminalità dalle istituzioni, di B. Ceccarelli

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Si eviti che Roma e la maggioranza dei suoi cittadini diventino la vittima sacrificale dei giochi di gruppi che usano la politica per fini di potere oligarchico. Non si umili la città con lo scioglimento del Comune. Il Sindaco si dimetta. Si ricandidi e guidi la riscossa degli onesti.

Dire che la città è sgomenta, esterrefatta, incredula, per quanto accade è una modestissima constatazione di una realtà cruda e amara.

In questi, spiacevoli, giorni non si parla di altro. Non si parla di altro nemmeno in Italia e, in qualche misura, sulla stampa internazionale.

Gli accadimenti, si può girarla come si vuole, sono di una dimensione inusitata.

La ”politica”, nel nostro paese non aveva mai raggiunto livelli di questa natura. E’ altra cosa dalla collusione con la malavita. E’ un sistema – nessun romanziere lo avrebbe saputo descrivere con la sola fantasia – nel quale ciascun personaggio, perduti i contatti con la realtà e fattosi seguace, individualmente, della nuova religione che adora il dio denaro, ha concorso a realizzare una nuova singolare forma di comunità di credenti. Un particolare credo che cancella i valori e le culture di destra e di sinistra e si esplica attraverso il disprezzo, la prepotenza e la minaccia, verso i cittadini onesti e la rapina concordata e alla luce del sole del benessere di tutti.

Lo si è chiamata cupola mafiosa, ribattezzata dai media Mafia Capitale.

La cosa che avvilisce è che la risposta, mi pare non ci sia. Non mi riferisco alla attività della Magistratura che, per nostra fortuna, ancora riesce a mantenere la barra nel solco della difesa della legalità, malgrado in questi anni e di continuo sia stata oggetto di attacchi, a dir poco, ignobili. Non la attribuisco, certamente, alla indignazione dei cittadini che si manifesta, pure in forme sbigottite e in assenza di riferimenti certi, in ogni dove. La imputo a quella che viene chiamata la politica. In questi anni, in molti e anche da parte di chi scrive si è provato a rappresentare la sua inadeguatezza che aveva perduto, del tutto, il suo ruolo. La politica trasformata in zerbino dei predoni della speculazione finanziaria, era una delle molte critiche che si sono fatte.

In questo caso non si tratta nemmeno di fare ancora analisi e critiche. Si tratta di ri-cominciare a chiarire, anche a noi stessi, che cosa intendiamo per politica. Infatti alcuni di noi (credo la maggioranza dei cittadini, quella onesta) ragiona secondo lo schema che la politica e quindi i suoi esponenti (rappresentanti dei cittadini) dovessero avere: la missione di svolgere una attività di servizio pubblico. Spesso non era cosi e certamente da qualche decennio ci si è dedicati, anche attraverso la forzatura e “storcimento” delle norme, a curare solo gli interessi di parte, per lo più di coloro che stavano già meglio. I ricchi sempre più ricchi i poveri sempre più poveri e più numerosi.

Dove sta la novità dell’oggi? Io penso che davvero si sia di fronte ad una situazione che rappresenta una cesura e che evidenza la necessità di evitare che Roma, quella migliore, diventi la vittima sacrificale di interessi altri. Gli indagati, in questa fase, non rispondono ai cittadini ma alle loro Ditte di appartenenza. Si dimettono dagli incarichi di partito ma non si dimettono dalle Istituzioni. All’interno delle Ditte si utilizza la circostanza per scalzare vecchi equilibri e affermare una nuova cordata I partiti si sono fatti istituzione e sono loro che decidono, con le loro convenienze, sul da farsi circa il rispetto della cosa pubblica. E. Berlinguer già nell’anno 81 (intervista a Scalfari) condannava questi concetti e ne paventava i pericoli. Quando affermava che <…i partiti non facevano più politica, ma che invece erano degenerati e che avevano occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni e che questa situazione fosse l’origine dei malanni d’Italia..>.

Credo, al di la delle appartenenze, che molti politici del passato questa distinzione l’avessero. La si ha certamente in Europa quando un ministro si dimette per motivi che in Italia non verrebbero nemmeno citati dalla stampa.

Ho voluto ricordare quanto sopra perché la Roma migliore è quella che rischia di uscire sconfitta e umiliata da questa situazione. Si dice che non conviene che il Sindaco si dimetta perché è si un ingenuo e pure non sempre puntuale e lungimirante, ma certamente capace e onesto. Se si dimettesse potrebbe tornare a vincere la parte peggiore della città che cavalcando l’indignazione, strumentalizzerebbe l’istinto peggiore in tutti gli elettori.

Non so dire se questa impostazione sia veritiera, probabilmente no, ma non interessa. Quello che occorre, invece, è che il governo di Roma deve cambiare passo. Ci sono dubbi fondati sul credere che questo possa avvenire con una Assemblea Capitolina, che salvo poche e lodevolissime eccezioni, ha già dimostrato limiti e sudditanza a interessi a dir poco non nobili. Cito due soli esempi: la speculazione edilizia che si vorrebbe fare, dietro la foglia di fico dello stadio, a Tor di Valle e il fatto che dopo decenni di utilizzo disinvolto e a fari spenti, solo recentemente, con l’assestamento di bilancio, si è cancellato “l’obolo” (credo di oltre 100.000 euro/anno) che ogni consigliere avrebbe avuto a disposizione per curare il proprio bacino – clientelare – di preferenze.

Occorre una svolta e una discontinuità. Non mi convince la possibilità che il Sindaco possa farcela, magari azzerando la Giunta attuale (dimostratasi nettamente al di sotto delle esigenze della città). Le forze che lo hanno combattuto non sono rappresentate, a mio parere, esclusivamente dalla cupola. Piuttosto che rischiare lo scioglimento dell’Assemblea per provvedimento del Prefetto, la cosa migliore che si dovrebbe fare è che sia lo stesso sindaco Marino, magari sollecitato a questo dalla migliore società civile, a dimettersi e fare appello alla città con lo scopo di ricandidarsi e porsi alla guida di una riscossa degli onesti. La linfa per un programma davvero avanzato e nell’interesse di Roma è già presente nella città. Uomini e donne all’altezza di sostenere, anche amministrativamente, questa posizione innovativa per un rilancio della città e per provvedimenti positivi circa le carenze nei servizi, provvedimenti per il lavoro, le soluzioni per la mobilità, modifiche statutarie a favore della democrazia partecipata e del rigore e trasparenza nella gestione, ecc. che da decenni attendono di essere affrontati, sono a disposizione. Certo sarebbe necessario un forte coraggio e lungimiranza e non rimanere prigionieri di contenitori politico elettorali che hanno già sufficientemente fatto i danni che conosciamo. Una forte discontinuità (non contro i partiti ma per sollecitarli a rinnovarsi nel profondo) capace di riavvicinare, cambiandola, la politica ai cittadini. Se il Sindaco scopre questa necessità e questo coraggio saremmo ancora una volta con lui. Non ci faccia pentire di averlo già sostenuto.

 Bruno Ceccarelli

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