Intervento al convegno: Immigrazione ed accoglienza. Esperienze a confronto, di M.M. Pascale
Questa sera voglio voglio fare un intervento partigiano, che vi parlerà dal punto di vista dei diritti dell’uomo. Inizierò con due notizie di cronaca, una leggermente stagionata, l’altra estremamente attuale.
25 ottobre. In un comune vicino a Torino, Borgaro Torinese il sindaco, area PD, coadiuvato da un assessore di area Sel, di fronte al problema rappresentato dai rapporti tra “gentili” e comunità Rom, ha proposto autobus separati per etnia. Subito Nichi Vendola e Michela Campana, responsabile diritti del PD, hanno tuonato dicendo che i rispettivi partiti non avrebbero mai avallato operazioni di apartheid. Il sindaco ha tenuto a precisare che “l’obbligo della solidarietà deve essere accompagnato dal rispetto delle regole” e che la decisione degli autobus separati è stata presa dopo un incontro con un comitato di residenti. Sindaco e giunta si sono piegati alla maggioranza.
La seconda notizia è del 13 novembre. Viene svuotato il centro di accoglienza di Tor Sapienza. Il comune di Roma ed il Viminale si sono arresi alla piazza. Per evitare problemi i trasferimenti sono stati secreatati: non è dato sapere quali strutture accoglieranno quegli ospiti. Se il comune di Roma edulcora la pillola parlando di “trasferimenti”, fonti non ufficiali del Viminale, traducono il linguaggio della diplomazia, secondo quanto riferito da “Repubblica on line”, in “una resa ai malumori della piazza”. Quale lezione possiamo trarre da questi due accadimenti? Sicuramente una politica a due velocità. Da un lato i vertici dei partiti prendono i diritti e l’antirazzismo molto sul serio. Lo fanno però con una visione intellettualistica. La politica di prossimità, sopratutto nei comuni, rinuncia a governare i malumori della piazza. Invece di dialettizzarli con una sana visione del mondo, cede direttamente alle urla delle maggioranze.
Accade in un piccolo comune come in una grande metropoli.
Una sinistra a due velocità? Certo. Ma non vi parlero della crisi dei valori della rive gauche. Vi parlerò invece della crisi dell’idea di comunità. Oggi le sezioni territoriali sono luoghi in cui si fa, al massimo, il tesseramento e l’elezione degli organi. Un tempo, sopratutto negli anni ’70 ed ’80 le sezioni erano una comunità vivente dove il docente universitario dialogava con l’operaio ed il medico con il bracciante. Tutti si ritrovavano in un comune orizzonte teorico ed in una rete di relazioni. Nel mio paese, parliamo degli anni ’80, nelle sezioni del PCI e del PSI erano rappresentate anche le comunità Rom e la prima comunità africana in italia, quella marocchina. Negli anni ’90 a Roma la sezione della quercia del Pigneto, prima che il quartiere diventasse “chic”, era famosa per ospitare una vasta comunità africana. Oggi i partiti della sinistra hanno ritualizzato i diritti e l’antirazzismo, facendone delle lontane icone: a loro si dedica una qual certa liturgia, sopratutto a seguito di fatti di cronaca, finita la quale tutto ritorna come prima. Il caso di Civitavecchia è emblematico. Troppi silenzi, silenzi imbarazzanti e rumorosi, provengono, sui temi dell’antirazzismo e dei diritti, da ampi settori della sinistra. Anche l’atto di semplice devozione viene ritenuto superfluo.
L’invito che mi sento di fare è abbastanza semplice: uscire dalla sala conferenze dell’hotel San Giorgio il più in fretta possibile. E’ giusto incontrarsi, ricevere notizie importanti, informarsi ed informare. E’ importantissimo contarsi, per sapere chi e quanti stanno dalla parte giusta della barricata. Ma occorre riprendere un’azione territoriale e ricostruire la sinistra come comunità. Civitavecchia è una città terribilmente povera. La forbice sociale tra chi ha pochissimo ed i pochi che hanno a dismisura è enorme. Oggi, una cattiva politica fatta di semplificazioni banali, di ricerca del nemico ad ogni costo, di freddezza nei confronti di chi ha bisogno, basandosi su di una rinnovata anche se casareccia teoria di “suolo e sangue”, soffia sul fuoco dell’intolleranza. Come detto molti pompieri si sono dati alla macchia. Per questo bisogna raddoppiare se non triplicare i nostri sforzi.
Prima che l’incendio divampi.
Mario Michele Pascale